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moto

 8 agosto
 Olgii Uws-Ulaangom 146 km.


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olgii_uws Un’altra giornata dura! Stamattina eravamo su di giri perché la pista in terra battuta ci consentiva di tenere una buona velocità, tanto che pensavamo di arrivare a Ulaangom per pranzo. Non avevamo fatto i conti, però, con gli imprevisti! Innanzitutto un fiume dal letto molto largo e sassoso, in cui si gettava la strada, nel bel mezzo del quale era piantato un pullmino, mezzo affondato nel fango. Abbiamo cercato di trovare un guado più in là, ma senza esito. Quindi siamo tornati al punto di partenza dove, nel frattempo, erano arrivate tre famiglie mongole. Gli uomini, alla guida di moto 90km_a_ulaangomleggere di fabbricazione cinese, avevano superato il punto critico, mentre gli altri, alla guida di due camioncini stracarichi di tutte le masserizie e delle gher smontate, indugiavano sulla riva del fiume. Dato che non vi sono alternative decidiamo di attraversare il fiume e Knut smonta le borse d’alluminio e i borsoni Touratech per alleggerire la moto. L’operazione è seguita con interesse dalla donna che guida uno dei camion, una piccola signora dai buffi occhiali rosa e dal dolce sorriso e dalle sue due bambine. Tutte e tre fiume_con_furgone_impantanatoindossano i costumi originali dei nomadi mongoli, delle specie di cappottoni colorati, stretti in vita da alte cinture di stoffa. Knut trasporta le borse d’alluminio, comprese le sottostanti Koboldbike degli attrezzi, attraverso il fiume. Dopo di che io inizio ad avviarmi verso l’acqua con un borsone e la borsa serbatoio per guadare, ma uno dei mongoli in motoretta mi raggiunge e a gesti m’invita a salire in sella, dietro di lui. Sono un po’ incerta,  ho paura di cadere in acqua! Ma l’uomo mi incita a salire accompagnando ai gesti grida d’incoraggiamento, poi mi strappa di mano un borsone, così…mi decido. Non faccio a tempo a sistemarmi sulla trasporto_mongolosella che parte a razzo, urlando a squarciagola qualcosa nella sua lingua…in un attimo, con una forte accelerata e slittando un po’ sul fondale, raggiungo l’altra sponda sana e salva! Poi l’uomo riattraversa il fiume e fa salire in sella Knut con l’altro borsone. Raggiunta la sponda, ringraziatolo, il mio compagno ritorna indietro per trasportare anche l’ultima, pesante valigia d’alluminio, attraverso il corso d’acqua. Infine conduce l’Adventure attraverso il fiume fino alla riva, tra gli applausi delle famiglie mongole. Nel frattempo ho fatto conoscenza con la dolcissima bimba scarmigliata, la più piccola, che mi guardava ad occhi sgranati e le ho dato l’ultima scatola di pastelli colorati che mi sono rimasti di tutti quelli che ho portato con me. Non dimenticherò facilmente l’espressione stupita e il sorriso felice apparsi sul suo faccino. Contenti di avercela fatta siamo ripartiti e, dopo una decina di chilometri, ci bambina_con_mattitesiamo fermati per mangiare qualcosa che reintegrasse un po’ le energie perse. Mentre mangiavamo è sopraggiunta una giovane coppia di giovani locali, in sella ad una delle solite piccole moto cinesi, adattissime in questo territorio.I mongoli di qualunque età sono molto curiosi riguardo le novità. E noi e la nostra grossa moto indubbiamente rappresentiamo una grossa novità per loro. Abbiamo offerto loro un po’ di cioccolato e ci hanno ricambiato con dei grissini dolci. Purtroppo, non conoscendo la loro lingua o quella russa, la conversazione s’è limitata a pochi gesti e a qualche parola in inglese. Poi ripartiamo alla grande, pensando di arrivare in breve tempo a Ulaangom. Niente da fare, poco dopo ci si presenta un altro guado, meno ampio del precedente, ma con un fondo di grossi sassi. La moto s’incaglia e, nonostante i miei sforzi, non sono riuscita a spostarla se non di pochi centimetri. Dio se pesa! Allora Knut la parcheggia sul cavalletto e, lui col badiletto io con una pietra, scaviamo via un po’ di terra e fango dalla sponda per renderla meno ripida durante la risalita. Poi, nuovamente smontati tutti i bagagli…Knut conduce la BMW oltre il guado. Stanchi e stressati ripartiamo, augurandoci che il peggio sia passato… Ovviamente non sarà così! Dopo un altro faticoso guado arriviamo ad un fiume impetuoso, dove l’acqua profonda arriva sopra le ginocchia, ed il fondale è costituito di grossi sassoni tondi: impossibile attraversarlo! Mentre sconfortati discutiamo sul da farsi, un uomo  attraversa il fiume a piedi per venire ad aiutarci. Vuole convincerci a passare, ci indica il punto in cui ha guadato con il suo Suv, ma Knut gli spiega che non è possibile con la moto. In quel mentre giunge un camion al quale l’uomo indica il percorso nel fiume. Il camionista accelera ed entra nel fiume, ma, arrivato circa a metà, le ruote anteriori si incagliano e non c’è verso di farlo disincagliare. Se nessuno l’ha tirato fuori, sarà ancora là a far da ponte! A quel punto ci rallegriamo di non aver seguito il consiglio dell’uomo. Domandiamo se non ci sia un altro guado. Ci viene suggerito di tornare indietro e prendere una  lunga deviazione che conduce ad un ponte. Sollevati torniamo indietro, ripassiamo dai due precedenti guadi e, come Dio vuole, troviamo il ponte N54°.486' E92°13.041', circa 15 km più in là. Al di là del ponte compare una strada asfaltata sulla quale, in men che non si dica, arriviamo alla città di Ulaangom. Trovato un albergo, Tsogtsolbor N49°58.819' E92°03.986', possiamo finalmente rilassarci in una camera confortevole, dotata di frigo-bar e con un bagno impeccabile. Docciaa arrivooo!!!!  

 

9 agosto
 Ulaangom
 La nottata non è stata riposante a causa di ospiti ubriachi che facevano chiasso, ulaangomcamminando avanti e indietro nel corridoio.
Stamattina poi, al risveglio, il cielo è grigio e pioviggina. Così decidiamo di rimanere in città un altro giorno, riposando. Pensiamo anche di chiedere informazioni se sia possibile passare la frontiera a nord del grande lago, entrando nella repubblica di Tuva. Noi viaggiamo per il nostro piacere. Non dobbiamo dimostrare niente a nessuno, a differenza dei due ex amici che amano vantarsi di quel che fanno. Inoltre ne abbiamo abbastanza della Mongolia e il racconto fattoci dai russi conosciuti a Khovd sulla bellezza del territorio della loro repubblica, ci ha fatto venire il desiderio di vederlo. Purtroppo i poliziotti dell’ufficio guardie di frontiera abbattono le nostre speranze. Il valico è interdetto agli stranieri. Così ci rechiamo in un internet point per guardare le previsioni meteo e visionare i report di chi ha percorso la rotta ovest verso Tsaganuur e la frontiera da cui siamo entrati. Da ciò che leggiamo sembra molto dura, per via dei grandi fiumi da attraversare. Nonche di guadare un corso d’acqua dopo l’altro ne abbiamo abbastanza! Sconsolati visioniamo allora i report inerenti la rotta ad est, verso Moron. Nel frattempo sopraggiungono due giovani americani, Cris e Austin, conosciuti poco prima al mercato nero e coi quali avevamo scambiato informazioni. Loro devono recarsi a Khovd in minibus poiché hanno avuto un guasto serio alle moto cinesi comprate ad Ulaanbataar che raggiungeranno poi in aereo. Ci indicano sulla loro mappa il percorso che hanno effettuato da Moron a qui, rassicurandoci sul fatto che ce la possiamo fare anche noi con la nostra pesante BMW. Pare che lungo questo tragitto ci sia da attraversare solo un fiume, un po’ profondo in un punto, e ci ragguagliano su come evitarlo. Chiacchieriamo a lungo con loro, poi ci salutiamo, augurandoci reciprocamente “ Buona fortuna”. Più tardi, di ritorno dal ristorante, troviamo una gradita sorpresa: i ragazzi ci hanno lasciato sulla moto la loro mappa Atlas, molto più dettagliata della nostra, unita ad un biglietto in cui ci auguravano “ good luck”. Che gentili! Nel pomeriggio andremo nuovamente all’internet point per inviare una mail di ringraziamento.  

 

 10 agosto
 Ulaangom-Baruunturuun 210 km ca.


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Stamattina è ricomparso il sole. Tutto sembra migliore col bel tempo! La colazione ci da_ulaangom_a_baruunturuunviene servita in camera, alle 8,00, dalla cameriera che bussa alla porta della stanza. Ci stiamo ancora vestendo…La colazione consiste in due piatti con uova, due fette di qualcosa che sembra un salume pane e the. Mangiamo con calma, poi K esce a caricare le borse interne nelle valigie d’alluminio. Non ho richiuso a chiave la porta che all’improvviso si apre e mi trovo la cameriera in camera. La guardo allibita mentre si avvicina al frigorifero, lo apre e si mette a contare le lattine e il resto di ciò che è contenuto. Visto che le mie proteste sembrano non scalfirla la invito ad uscire, ma quella non si muove e fa segno che devo pagare subito, lì, in camera. Mi arrabbio e la sbatto fuori dicendo che la stanza è a mia disposizione fino alle 12,00 e che pagherò quando le riconsegnerò le chiavi. Quella insiste, additando il frigorifero, allora metto fuori dalla porta la bottiglia di birra e il pacchetto di arachidi vuoti, invitandola a segnarli sul conto. Quando Knut ritorna in camera gli riferisco l’episodio e lui, ridendo, mi dice che è stato fermato a sua volta dalla donna che voleva il pagamento immediato. Mah! Forse i clienti abituali scappano senza saldare il conto…Terminiamo con calma le operazioni di carico perché vogliamo che il sole abbia il tempo di scaldare, e asciugare un po’ il terreno, dopo la pioggia di ieri. Appena usciamo dalla città in direzione est, ben presto, dopo una quindicina di chilometri, l’asfalto termina e ci troviamo sulle solita sterrata, che in alcuni tratti la pioggia di ieri ha reso fangosa. Il percorso si dirige verso il lago Uvs Nuur, che non riusciremo a vedere mai da vicino poiché le rive sono paludose, attraversando una vasta piana. Vediamo volare parecchi grandi uccelli bianchi, sembrano gabbiani. La pista peggiora rapidamente, c’è sempre più fango, perciò ne imbocchiamo una parallela che, dopo parecchi chilometri, si allontana dal lago salendo sulle colline. Si avanza molto lentamente, sempre in dubbio su quale dei numerosi sentieri prendere. Poi si ridiscende verso le Booroog Deliyn. Ora il fango è stato sostituito dalla sabbia, per cui K. rallenta ancora di più l’andatura per non rischiare di cadere. Non si vede alcun essere umano, intorno solo il ronzio degli insetti e questo paesaggio deserto. Come Dio vuole, a poco a poco la pista curva verso i monti a sud. E’ così che ci ritroviamo, verso le 16,30, a Baruunturuun. Decidiamo baruunturuundi fermarci a dormire qui, perché difficilmente arriveremo ad un altro paese prima di sera. Chiediamo indicazioni ad un paio di persone che ci spiegano come arrivare ad un “ hotel” ma non ne vediamo traccia. Alla fine troviamo solo una vecchia fattoria dell’epoca sovietica, molto malandata, il cui proprietario ci dà una camera per 20000 mnt. N49°39.696' E94°24.301'. Il posto è squallido, la stanza è poco pulita e piuttosto deprimente, ma ce la facciamo andare bene. Diamo una spruzzata di Biokill sui letti, stendiamo sopra i nostri sacchi a pelo, poi facciamo una passeggiata fino in paese per cercare l’internet point intravisto all’arrivo. Purtroppo è chiuso, come molti dei negozi. Siamo colpiti dal fatto che tutti i negozi hanno doppie porte, una di legno ed una di ferro, chiuse con diverse serrature. Paese di ladri?? Tornati alla fattoria il padrone insiste perché ricoveriamo la moto nel garage, che poi chiude con un grosso lucchetto. Ci sediamo poi sugli scalini ad osservare la campagna intorno. Le mucche tornano in fila alle fattorie, alcuni bimbi giocano a pallone sulla strada. Tutto è calma e suoni naturali. Il cielo si arrossa ed è allora che vediamo passare diversi stormi di oche selvatiche. Strano, volano verso nord!

 

11 agosto
 Baruunturuun-Asgat 190 km ca.


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Anche oggi il tempo è bello. Imboccata la strada nord A18 ci dirigiamo verso Tes. 25 chilometri dopo, appena scesi dalle colline, la pista diventa sabbiosa. Peggiora di mano in mano che ci avviciniamo alle Altan Ells, grandi dune di sabbia. Scorgiamo dei cammelli in lontananza che brucano la stenta erba di questa steppa. Procediamo lentamente mentre le ore scorrono. Dopo un’ottantina di chilometri finalmente il percorso scende verso sud e le montagne e la sabbia gradatamente diminuisce. Arriviamo al piccolo villaggio di Asgat verso le 16 e ci fermiamo per fare il pieno. Il villaggio è minuscolo e la pompa di benzina N49°24.272' E96°36.230' è la più arcaica mai vista: funziona a manovella! La benzina è solo 80 ottani, quindi riempiamo il serbatoio solo con 20 litri. Molti locali sopraggiungono per guardare la moto e noi; salutiamo sorridendo i bambini benzinaiache si affollano intorno, poi chiediamo informazioni sulle possibilità di trovare riparo per la notte. La benzinaia, che conosce un po’ d’inglese, ci informa che non ci sono alloggi nel villaggio e ci suggerisce di proseguire verso il lago Nomrog, distante una sessantina di km. e di fermarci al paese prima del lago. Così, ringraziatala, ripartiamo in tutta fretta, ma, dopo disastrocirca 3,5 km udiamo un forte “CRAAKK” e ci troviamo quasi seduti per terra. L’ammortizzatore posteriore si è spezzato in due! Knut resta sulla BMW per tenerla in piedi, mentre io cerco delle pietre da inserire sotto le borse d’alluminio. Fatto ciò il mio compagno si rende conto che la moto è inamovibile. Non ci resta che cercare aiuto.  Mentre mi dirigo a piedi verso una specie di fattori, intravista prima, ad un paio di chilometri, Knut resta a sorvegliare la moto che si trova nel bel mezzo della pista. Per colmo della sfiga inizia pure a piovere e in un attimo mi ritrovo sotto un diluvio d’acqua. Ho tenuto il casco in testa, per fortuna, e indosso la giacca impermeabile, ma i calzoni diventano subito zuppi. Arrivata alla fattoria mi accorgo che la porta è chiusa con un disatrolucchetto; non si vedono mezzi né animali, solo un cane che mentre mi avvicino gridando “ Help!” mi si avventa contro abbaiando furiosamente. Proseguo verso la casa, seppur con qualche timore, ed ecco apparire due ragazzini. Non capiscono bene cosa voglio, ma che ho bisogno d’aiuto sì. Chiedo se c’è il padre, allora mi conducono poco lontano, ad un recinto con tre gher.  Due donne, le madri, comprendono, più dal tono di voce e dalla mia espressione disperata che non dalle parole, che ho bisogno di aiuto. Riesco a far capire che mi serve un mezzo per recuperare una moto rotta, ferma a un paio di chilometri da lì. La donna capisce e mi fa segno di stare tranquilla. Da quel momento ha inizio una lunga odissea: telefonate, arrivo di un pullmino che carica me e la donna e si avvia verso la salita da cui sono arrivata, ma che, giunto in vista della moto, cambia idea e torna indietro. Incurante delle mie richieste di spiegazioni, l’uomo torna verso il villaggio, si ferma a fare il pieno, poi mi accompagna, insieme alla donna, ad un’altra gher, che si trova accanto ad un edificio che pare una segheria. Due uomini stanno scaricando tronchi da un camioncino. Mi avvicino accompagnata dalla donna gentile e spiego concitatamente di cosa ho bisogno, indicando il camion e facendo capire che pagherò. Nel frattempo la moglie dell’uomo mi fa segno di entrare all’interno della tenda e, insieme alla figlia mi invitano a sedermi. rottoRingrazio ma rifiuto, sono troppo agitata, resto all’esterno osservando i due che lavorano e pregando che si sbrighino. Finalmente, dopo un’ora, i due uomini e la figlia di uno dei due mi accompagnano nel punto dove la moto s’è fermata. Knut nel frattempo ha scaricato i borsoni e il bauletto posteriore, smontato l’ammortizzatore e trovato un modo per poter fare una riparazione provvisoria e poter spostare il mezzo. Così, spiegato a gesti ciò che gli cris_a_asgatserve, il padrone del camion fa capire di avere un saldatore per cui Knut torna con lui e l’altro uomo alla gher, mentre io rimango di guardia alla moto insieme alla ragazza, che resta a farmi compagnia. Ci sediamo sull’erba, umida per la pioggia e scambiamo qualche parola in inglese. La giovane mi fa ascoltare della musica dal cellulare, così, lentamente, inizio a rilassarmi. Stese una accanto all’altra, ascolto i suoni della natura: il vento, i richiami degli uccelli, un branco il_padrone_di_casadi cavalli che si avvicina attraverso il pendio…Trascorrono quasi due ore prima che Knut e il padre della ragazza tornino. Il sole è tramontato, la luce sta scemando…poi Knut riesce a montare la provvisoria sostituzione dell’ammortizzatore, cioè due barre filettate, saldate insieme alla ex centrale elettrica sovietica. Nel frattempo chiedo alla ragazza se ci sia un posto dove dormire perché è ormai quasi buio. Prima scuote la testa, poi parla col padre… che ci invita a trascorrere la notte da loro. Meno male! Sono sollevata! Tolti completamente i bagagli dalla moto, li carichiamo sul camioncino, poi Knut riesce a condurre, piano, piano, la moto sino alla gher.Pensavamo di montare la tenda all’interno del loro recinto, invece la famiglia ci ospita nella loro grande tenda di feltro . Accettiamo volentieri, e, tolti gli stivali, ci sediamo all’interno, sui tappeti e ci guardiamo intorno. La ragazza con cui ho chiacchierato e che mi ha tenuto compagnia, allatta un bimbo di circa un anno e mezzo, mentre la madre alimenta la grande stufa sulla quale, in un grosso paiolo sobbolle del liquido. Ci offrono te salato con burro di yak accompagnato da fette di pane sulle quali spalmare una densa crema. Ecco cos’è il “bianco mangiare” di cui avevo letto sulla guida! Come ringraziamento allora offriamo la bottiglietta di cognac e apriamo quella di vodka. Poi cuciniamo all’aperto la mexicansk gryte e la condividiamo con loro. Siamo stupiti dal fatto che il vispo bimbetto la mangi di gusto, nonostante sia piccante, anzi, ci porta la scodella per farsela riempire di nuovo. Quando capiamo che s’è fatto tardi e desiderano riposare, stendiamo i sacchi a pelo sui tappeti, al centro della gher, e ci addormentiamo subito.

Prosegue in Mongolia Pag.3

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