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  RIFLESSIONI

 L'Iran è il Paese che ci ha sorpreso ed incantato maggiormente: le colline ocra del Kurdistan, le meraviglie di Esfahan, Shiraz, Persepoli, i deserti, l'oasi di Garmeth... per non parlare delle persone incontrate, come le ragazze di Esfahan che si sporgevano dai finestrini delle auto gridando " Welcome! Where are you from?" " I love you!" con sorrisi  grandi come case e lanciandoci baci, i giovani di Quchan che ci hanno ospitato a casa loro e che hanno cucinato spaghetti al sugo in nostro onore...
E come non ricordare l'esperienza della notte trascorsa nel deserto turkmeno: il cratere infuocato di Darvaza, la donna che ci offrì il te, tornando poi tranquillamente a squartare la capra sul tappeto, vicino a noi, l'incredibile quantità di stelle nel cielo notturno...
L'Uzbekistan coi suoi contrasti: l'enorme Amu Darya, distese di cotone in fiore, canali che irrigano campi verdissimi e, pochi chilometri più in là, solo deserto, esteso per centinaia e centinaia di chilometri, senza fine... Ma anche le mura di fango e le torri che cingono l'antica Kiva, i suoi splendidi monumenti...e l'allucinante tratto della Via della Seta percorso per arrivare a Buqara. Il dispiacere di non averle potuto dedicare più di mezza giornata.
Il Tagjikistan, poverissimo, dalle strade impossibili e dai panorami sublimi è il Paese che ci è piaciuto maggiormente insieme all'Iran. Col senno del poi pensiamo che sarebbe stato bello percorrere la Pamir Highway tra Korog e il Kirgizstan, che da sola vale il viaggio, avendo a disposizione più tempo per esplorare le valli laterali. L'aria purissima e cristallina, le catene montuose dalle cime bianche, i laghi d'alta quota e il blu dei cieli sono immagini indelebili che riaffiorano con nostalgia, così come il ricordo del paio d'ore di piacevole relax nelle acque termali di Jelandy, a più di 3500 m. di quota, insieme alle tagike che mi trascinavano ridendo sotto i getti d'acqua freddissima.
Il Kirghizstan avrebbe senz'altro meritato più tempo, che non avevamo, ci siamo perciò limitati ad attraversarlo, fermandoci spesso a fotografare le yurte e le greggi condotte da pastori a cavallo.
La Mongolia ha messo a dura prova moto, guidatore e passeggero con le sue piste di terra, sabbia, fango, i guadi attraverso fiumi e corsi d'acqua impetuosi o profondi, il tempo imprevedibile, ma ci ha stupito con la ricchezza della sua fauna: cavalli selvaggi, falchi, aquile, marmotte, scoiattoli di terra, cammelli...La bellezza e vastità dei suoi panorami, fatti di montagne, colline, deserti, distese di erba e fiori a perdita d'occhio! Rievochiamo i momenti difficili passati quando la moto si è rotta, la brutta avventura con l'autista disonesto e i suoi parenti, ma anche la gentilezza e l'ospitalità di chi ci ha accolto nella sua tenda, offrendoci riparo per la notte e cibo; il comportamento violento e inadeguato della compagna di viaggio che mi ha brutalmente spintonata mentre parlavo a due ragazzi inglesi del Mongol rally e che hanno segnato la fine del viaggiare insieme. Le giornate trascorse alla Guest House di Ulan Bataar conversando con gli altri ospiti e le amicizie nate con alcuni di loro, il traffico impossibile della città e le sue strade costellate di crateri...La gioia del giorno in cui è arrivato l'ammortizzatore nuovo e l'esultanza all'idea di poter finalmente ripartire. E che dire dei 6000 chilometri circa percorsi dal confine mongolo a Mosca...L'immensa Siberia! Non ci si rende conto di quanto sia estesa finchè non la si attraversa in moto. Non ci si rende conto di quanto sia "dura" finchè non si fanno i conti con le sue strade dissestate, percorse da un incessante traffico di mezzi pesanti, viaggiando dalla mattina alla sera con la pioggia, il freddo, con l'umidità che ti penetra nelle ossa, godendo delle belle giornate, quando il sole filtra tra i rami delle betulle e si alzano vapori dai boschi, apprezzando una scodella di bortsh caldo, una tazza di chay bollente...e i blini alla smetana!!
Il ricordo più bello è l'arrivo al villaggio di Staro Kalmascevo, dalla famiglia di Fayruza, il calore della loro accoglienza, il sentirsi circondati dall'affetto di persone a noi sconosciute, ma che ci hanno trattato come figli. L'emozione di essere considerata un'ospite d'onore durante la Festa dell'Accoglienza il primo giorno di scuola, che in Russia è molto sentita, e di aver tenuto un improvvisato discorso in inglese e italiano, davanti ad una folla di bambini, ragazzi, genitori, davanti alla Dirigente e a tutto il corpo insegnante. Mi sono davvero emozionata quando alla fine mi hanno donato un mazzo di fiori!.

 90 giorni per percorrere più di 28000 km. sono stati sufficienti, ma non abbastanza per superare i contrattempi di ogni genere che ci sono capitati e avere comunque il tempo per vedere tutto quello che ci eravamo prefissati di vedere/visitare. Col senno del poi avremmo dovuto avere almeno due/tre settimane in più.
 Il rammarico più grande però è quello di aver intrapreso il viaggio della nostra vita con persone inadeguate, incompatibili con noi per carattere, cultura e intenzioni. I compagni di viaggio devono essere scelti con attenzione per non rischiare di vedersi rovinare un sogno...

 

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