10 Agosto
Sighisoara- Chiese fortificate- Brasov km 187 ca.
Lasciamo Sighisoara dopo le 9,00 per dirigerci a Biertan, nota per la sua chiesa fortificata Patrimonio dell’Umanità Unesco. In poco più di mezz’ora arriviamo alla grande piazza centrale del paese, su cui svetta l’imponente mole della chiesa fortificata. Parcheggiata la moto ci avviamo alla base della collinetta su cui sorge la chiesa. Davanti all’ingresso c’è già una discreta coda di turisti del pullman che avevamo notato parcheggiato sul piazzale. Alle 10 si può accedere al complesso attraverso una ripida scala. Vi sono ben tre cerchie di mura e tre torri a proteggere, come in un abbraccio, la cattedrale. Ciò che più ci ha colpito all’interno della chiesa, oltre alla splendida pala d’altare, composta da ben 28 pannelli, è stata l’incredibile porta che dà accesso alla stanza dove venivano celati i tesori sacri. Presenta ben 19 serrature dentro un unico meccanismo di chiusura! Visitiamo una delle torri, poi passeggiamo lungo le mura, lasciando vagare lo sguardo sui verdi colli intorno e sui tetti delle case del borgo medievale.
Ripresa la nostra cavalcatura torniamo verso Sighisoara. Ora ci soffermiamo per scattare alcune fotografie alla bianca chiesa fortificata di Saros pe Tarnave, poco prima di riprendere la statale 14. Troviamo un po’ di traffico intorno a Sighisoara, ma va scemando non appena lasciamo la statale 13 per imboccare la strada bianca che, attraverso verdi prati e pascoli, conduce al villaggio di Viscrì. Sembra di essere tornati indietro nel tempo. Carretti di legno trainati da cavalli vanno e vengono dai campi. Attraversiamo lentamente le vie acciottolate del villaggio; grasse oche ci osservano davanti a casette azzurre e verdi, che paiono accovacciate le une accanto alle altre. Questo borgo sembra uscito da una fiaba. Il nostro stupore aumenta quando ci troviamo davanti all’ingresso della bianchissima chiesa fortificata: un gioiellino giunto a noi dal medioevo. E’ circondata da bianche mura turrite, al cui interno sorge la chiesa, piccola e raccolta. Si può accedere alla torre campanaria tramite una ripida, stretta scala di pietra, per ammirare il panorama circostante. Molto soddisfatti della visita percorriamo a piedi le stradine del villaggio, in cerca di un posto dove pranzare. Lo troviamo all’interno di un cortile dove, a fianco di un negozio di souvenir, si trova uno spazio di ristoro, allestito molto semplicemente in un vecchio fienile. Le proposte sono limitate, così ci facciamo portare la zuppa del giorno, buona, seguita da un dolce tipico. Ci immergiamo nella quiete bucolica del posto in un dolce relax.
Lasciamo il borgo un paio d’ore più tardi, uscendo dalla parte opposta del villaggio, lungo una stradina tutta sassetti e ghiaia, molto più dissestata della precedente. Percorsi una quindicina di chilometri avvistiamo, sulla cima di un colle, la fortezza di Rupea. Sostiamo brevemente per scattare alcune immagini, poi decidiamo di proseguire per la meta odierna:Brasov. A mano, a mano che ci avviciniamo il traffico aumenta considerevolmente. L’appartamento, prenotato per due notti, si trova in centro, nell’area pedonale. Fatichiamo ad arrivarvi perché l’accesso è interdetto ai veicoli. Knut s’infila in un attraversamento pedonale e ferma la BMW nella via centrale, affollata di gente che passeggia o è seduta ai tavolini dei numerosi locali posti…in mezzo alla strada. Scendo tenendo in testa il casco per poter comunicare con Knut e mi avvio sull’altro lato, cercando il numero del portone. L’ingresso è nascosto tra una gelateria e un negozio di cambio, come comunicatoci dalla persona che un paio d’ore prima ha chiamato Knut per informarsi sull’orario di arrivo. Sono un po’ dubbiosa sia quello giusto poiché l’insegna reca scritto Hostel. Percorro uno stretto corridoio in cui si aprono le porte di un paio di bar e dell’ostello. Mi guardo intorno sconsolata finché alcuni ragazzi, seduti fuori dall’ostello, richiamano la mia attenzione: una donna dall’alto di una balconata mi sta chiamando. E’ la persona che ci sta aspettando da circa un’ora. M’indica l’ingresso da cui salire al secondo piano dove mi attende; poi mi conduce in fondo alla balconata, su per una scaletta di ferro ad una terrazza all’ultimo piano, dov’è situato l’appartamento. Me lo mostra e, fatto un rapido giro per verificare la pulizia di bagno, cucina e camera da letto dico che va bene. Le chiedo di aspettare ancora una decina di minuti mentre avviso il mio compagno, dandogli indicazioni su come entrare. Arriva dopo poco portando il casco e la borsa in cui stanno i documenti. La cattiva notizia è che non c’è possibilità di parcheggio nel cortile, che è lo stretto corridoio d’ingresso, ma la donna ci tranquillizza indicando una via adiacente, dove potremo lasciare la moto. Knut è piuttosto irritato, poi mi lascia ad espletare le formalità burocratiche e torna alla moto per scaricare i bagagli. Nel frattempo due poliziotti locali sono arrivati alla moto. Lo redarguiscono e gli danno non più di dieci minuti per scaricare i bagagli e togliersi da lì. Sopraggiungo per aiutarlo a trasportare tutto nell’ingresso, poi lui si allontana per parcheggiare. Faccio su e giù dalle scale due volte trasportando le borse interne e quella serbatoio. Poi Knut mi raggiunge con il resto dei bagagli. E’ ancora più irritato perché ha trovato un parcheggio solo a circa trecento metri, fuori dall’area centrale. Preso possesso dell’appartamento ci rendiamo conto che è caldo, non c’è aria condizionata. E’ arredato con mobilio vecchio, l’armadio fatica ad aprirsi e lo scaldabagno, posto in cucina, è arrugginito. La camera però ha un allegro dipinto su una parete e presenta pure un divano e una poltrona su cui ci sfiondiamo.
Dopo una doccia veloce e indossati indumenti più leggeri usciamo. Al primo locale che c’ispira beviamo due birre fredde per reintegrare i liquidi, poi c’incamminiamo verso la Biserica Neagra (Chiesa Nera) che dista solo duecento metri. L’arteria pedonalizzata è fiancheggiata da bei palazzi signorili, abbelliti da fregi. In breve sbuchiamo nella piazza principale, al cui centro campeggia la Casa del Consiglio, sormontata dalla Torre del Trombettiere. Tutto intorno si trovano diversi edifici dalle tinte pastello, alcuni con belle facciate barocche. La grande chiesa gotica deve il suo nome (Chiesa Nera) alle pareti esterne, annerite dopo l’incendio del 1689. E’ talmente grande che sembra schiacciare le case circostanti con la sua mole. Compiamo il giro dell’esterno, poi entriamo. Dopo aver pagato l’ingresso, grande è la delusione nello scoprire che è visitabile solo una piccolissima porzione, a causa di lavori. Protestiamo dicendo che avrebbero dovuto avvertire. Proseguiamo la passeggiata verso la Porta Schei, che rappresenta l’ingresso al quartiere ebraico. Lungo il tragitto non sappiamo resistere al profumo che esce da un forno, così acquistiamo diversi tipi di dolci per la colazione. Poi torniamo sui nostri passi, inoltrandoci per le più tranquille vie del centro storico. Per cena la scelta cade sul ristorante Sergiana. Abbiamo la fortuna di trovare un tavolo libero al piano interrato, dove le pareti in mattoni, il soffitto a volte e le tovagliette ricamate sui tavoli creano un ambiente piacevole. Gustiamo un’ottima cena annaffiata da due boccali di birra. Concludiamo la serata al tavolino all’aperto di uno dei tanti bar della via in cui abitiamo. Calato il sole l’aria s’è rinfrescata e accolgo con piacere la calda coperta che mi porta il cameriere.
11 Agosto
Brasov- Bran- Brasov km 115
Colazione veloce con succo d’arancia e i dolci acquistati ieri e in breve tempo siamo pronti. Usciamo alle 8,00 diretti al garage. Knut è un po’ preoccupato perché il guardiano il giorno prima gli aveva ritirato il biglietto, da lui preso all’ingresso, dicendo che le moto non pagavano. “Speriamo ci sia lo stesso guardiano anche stamattina!” commenta. Naturalmente, quando saliamo le rampe e arriviamo alla sbarra d’ingresso, troviamo un altro guardiano, che non crede a una parola di quanto Knut spiega. Dopo un po’ comunque, irritato, ci fa segno di andare. Dobbiamo però uscire dal passaggio pedonale, saltando giù in strada dal marciapiede.
La meta odierna è il castello di Bran. Usciti dalla città percorriamo la strada 73 che è interrotta da numerosi lavori, così con continui stop and go impieghiamo circa un’ora per arrivare. Lungo il percorso riesco a prendere un paio di scatti della Fortezza di Rasnov. Ci proponiamo di fermarci al ritorno, dato che rifaremo lo stesso tragitto. Giunti a Bran capiamo subito che sarà dura oggi. Una fila interminabile di veicoli crea un ingorgo pazzesco, ma Knut ha fortuna e riesce a parcheggiare nei pressi del castello. Scorgo il maniero, arroccato in cima ad una rupe. E’ piccolo e austero. Entriamo in un bar sulla strada per un caffè. Arrivati sullo spiazzo affollato di bancarelle di souvenir ci sentiamo mancare alla vista della lunghissima coda per acquistare i biglietti. Rassegnati ci mettiamo in fila accanto a una famiglia di rumeni, con cui scambiamo quattro chiacchiere in italiano. Dopo più di mezz’ora siamo sempre allo stesso punto. Il figlio della coppia rumena a un certo punto esce dalla coda e va verso la biglietteria. Torna poco dopo arrabbiato. L’intoppo è dato dalle guide dei tour organizzati che passano davanti con tutti i loro gruppi. Si fa dare i soldi dai genitori e dice loro di seguirlo. La madre, gentilmente, mi suggerisce di unirmi a loro quattro per formare un gruppo e passare. Detto fatto ci accodiamo a loro, altri a noi e marciamo alla volta della biglietteria. In breve abbiamo i nostri biglietti. Ringraziamo la cortese famiglia, poi ci avviamo a passo veloce, percorrendo il lungo tratto in salita che conduce all’ingresso il più rapidamente possibile. Quando vi arriviamo, affannati dalla marcia a spron battuto, troviamo un folto gruppo di una cinquantina di spagnoli, in coda davanti all’ingresso. In cima alla rupe soffia un vento freddissimo che mi fa rabbrividire. Dopo un’attesa di una ventina di minuti finalmente riusciamo ad entrare e, intruppati e mescolati agli spagnoli, seguiamo il percorso obbligato. Non c’è poi molto da vedere e quel poco di arredi, sale, scale e stretti corridoi è impedito dalla folla che preme da ogni parte. Manca l’aria! La situazione non migliora nella parte esterna. Appena riusciamo guadagniamo l’uscita. Abbiamo impiegato circa due ore da quando abbiamo parcheggiato. Delusi saliamo sulla fida cavalla e lasciamo velocemente questo luogo infernale. Sulla via del ritorno commentiamo: “Mai più vacanze in luoghi turistici in Agosto!”. Non abbiamo più alcun desiderio di fermarci a Rasnov, ma solo di allontanarci in fretta da questa zona.
Ci dirigiamo alle chiese fortificate di Prejmer e Harman. Abbiamo letto che quella di Prejmer conserva una Cittadella, le cui mura difensive esterne sono le più spesse mai costruite intorno alle chiese Sassoni (fonte Lonely Planet) e che entrambe sono state dichiarate dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità. Scegliamo di visitare prima Prejmer. Si rivela una sorpresa!. L’accesso alla Cittadella è un lungo passaggio acciottolato, dalla bassa volta. Si sbuca in un cortile al cui centro si trova una chiesa in stile gotico. La cosa che ci colpisce di più è che nelle mura circolari che la circondano trovano posto ben 270 piccole stanzette, disposte su quattro piani, che fungevano sia da rifugio sia per stiparvi le provviste necessarie per resistere agli assedi. In alcune stanzette al livello inferiore hanno allestito un piccolo muso e la “Old School”, completa di cattedra, lavagna, banchi...
Quando lasciamo il complesso sono le 13 e iniziamo a sentire i morsi della fame. Giriamo avanti e indietro lungo la strada principale, senza scorgere alcun locale, così decidiamo di provare ad Harman, che dista pochi chilometri.
Arrivati in paese troviamo subito la Cittadella dalle candide mura, dalle quali svetta la bianca torre campanaria della chiesa. Ci fermiamo a fotografarla. Poi ci guardiamo intorno alla ricerca di un posto dove pranzare, ma non ne troviamo, pur avendo percorso su e giù diverse strade. Stupiti lasciamo il paese. In quello successivo, Sanpetru, scoviamo casualmente l’insegna “Hotel Bielman”. Knut inchioda, io scendo dalla moto ed entro nel locale. Chiedo se è possibile pranzare e, avuto un cenno d’assenso da una cameriera, esco ad avvertire Knut. Meno male perché cominciavamo a disperare. Il posto è piacevolissimo. Ci fanno strada nel giardino, punteggiato da parecchi gazebo nei quali diverse persone, in costume da bagno, stanno pranzando. Ci accomodiamo ad un tavolo sotto un portico, osservando la gente che mangia o prende il sole e i bambini che sguazzano in una piscina. Come antipasto mangio delle deliziose zucchine impanate e fritte, per niente unte, accompagnate da una salsa tipo tzaziki. Me le ricordo ancora! Ordiniamo anche due secondi e il dolce. Tiriamo in lungo il pranzo, oziando al fresco. Poi ritorniamo a Brasov lungo strade secondarie. Arrivati e parcheggiata la moto nel garage di ieri torniamo all’appartamento. Fa piuttosto caldo, quindi rimaniamo a casa a sistemare le foto, importandole sul computer, e a leggere. Verso le 18,00 ci riaffacciamo sulla via pedonale e andiamo a zonzo senza meta. Un aperitivo in un baretto carino in una via secondaria, poi per cena la scelta cade su un locale coi tavoli all’aperto, il “Ristorante Ungherese”. Dopo cena torniamo verso casa, sono stanca e ho freddo. Mi sono scordata che dopo il tramonto la temperatura cala rapidamente. Ci fermiamo allo stesso bar della sera precedente, dove so che posso drappeggiarmi una coperta sulle spalle. Mentre sorseggio un Irish coffee osservo ancora una volta la gigantesca scritta Brasov, che campeggia, brillante di luci, in cima al monte Tampa. Avessimo avuto più tempo mi sarebbe piaciuto salirci con la funivia. Mi consolo pensando che potremo sempre tornare. La Romania non è in capo al mondo!