27 giugno
Valle d’Ilhara - Derinkuyu (circa 160 km.)
Questa mattina abbiamo in programma un’escursione alla valle di Ilhara e alla città ipogea di Derinkuyu. L’aria è limpida e il cielo di un azzurro intenso, una piacevole brezza ci accompagna e sembra sospingere la Transalp. Percorriamo un’ottantina di km. per strade secondarie, incrociando solo qualche carretto tirato da un asino e qualche vecchio motorino. Scorgiamo all’ultimo momento il villaggio di Ilhara, un grappolo di casupole di pietra che si fondono con la collina. Giungiamo allo spiazzo antistante l’ingresso della Valle e, parcheggiata la moto, ci affacciamo alla profonda fenditura, dove il fiume Melendiz, nel corso dei millenni, si è scavato una strada attraverso le scoscese pareti di tufo. Scendiamo per ripide scale fino
al fondo del canyon, dove è cresciuta una vegetazione rigogliosa. C’inoltriamo lungo uno stretto sentiero, alla ricerca delle chiese rupestri. Sono piuttosto in rovina, ma la passeggiata è comunque piacevole. A un certo punto incrociamo un ragazzino che procede a dorso d’asino. Si ferma e ci chiede da dove veniamo e se abbiamo una penna da regalargli. “No” rispondo “ ho solo delle caramelle” Allunga una mano e se ne va sgranocchiando una Ricola...chissà se gli piace!
All’una siamo cotti per la stanchezza e per il caldo, perciò, adocchiata una specie di trattoria, ci accomodiamo ad un tavolino, situato quasi dentro il fiume. Dopo pranzo torniamo alla moto e ci dirigiamo alla volta della città sotterranea di Derinkuyu, la più grande di tutta la Cappadocia, che dista una trentina di chilometri. Percorriamo la strada verso Nevsheir. Lungo il percorso si arriva ad uno specchio di smeraldo, il Nar Golu, un lago formatosi sul fondo di un cratere, la cui l’acqua calda sgorga da alcuni punti del terreno. Dopo la sosta al lago proseguiamo per il paese di Derinkuyu. Il borgo è piuttosto squallido, polveroso. Fatichiamo a trovare il sito che non è segnalato e, quando vi arriviamo, al parcheggio siamo accolti da due bimbe mendicanti che ci offrono delle bamboline di stoffa. Ne acquistiamo due: una da ognuna.
Pagato il biglietto d’ingresso al sito, scendiamo nelle viscere della terra. Percorriamo strette scale ed angusti corridoi, immersi nella penombra, rischiarata solo da qualche fioca lampadina. Fa caldo e manca l’aria. Fa un certo effetto pensare che della gente abbia potuto vivere qui sotto, in stanzette anguste, buchi, sovrapposti l’uno sull’altro che scendono sempre più in profondità nella terra, vi sono ben dieci piani! All’uscita rivedo la luce del sole con grande piacere.
28 giugno
“Camini delle Fate” di Pasabagi
Oggi la giornata è dedicata ad escursioni nelle “ Valli dei Camini delle fate” di cui abbiamo letto molto, con interesse e che non vediamo l’ora di vedere coi nostri occhi. Iniziamo da quella di Pasabagi. E’ semplicemente spettacolare! Ci si trova a camminare tra buffe conformazioni rocciose, simili a grossi “ funghi col cappello,” su cui i monaci eremiti scavarono nicchie nel tufo, ai piedi delle quali si stendono vigneti lillipuziani. In uno di questi “ camini,” quello con tre “cappucci”, si trova la cappella di Simeone. Particolarissima! Fortunatamente siamo giunti la mattina presto, prima dell’arrivo in massa dei turisti dei viaggi organizzati, così abbiamo potuto girovagare indisturbati tra i coni, arrampicandoci su
alcuni di essi, Poi, risaliti in moto, c’inoltriamo nella Vallata di Devrent, percorrendo diverse strade bianche, e ammirando le strane formazioni rocciose disseminate in un paesaggio lunare, deserto. E’ bellissimo! Intorno a noi una foresta di pietra dalle diverse sfumature di colore! Quando il sole inizia a picchiare veramente e
il caldo riverbera impietoso, torniamo al villaggio di Uchisar. Pranziamo al solito pide Salonu, poi ci ritiriamo in albergo, al fresco. Più tardi usciamo per una passeggiata lungo le stradine del paese fino al cosiddetto castello, su cui saliamo per ammirare lo spettacolo della valle al tramonto.
29 giugno
Uchisar-Beysehir 324 km. ca.
Il soggiorno nella splendida Cappadocia è giunto al termine. Lasciamo Uchisar con rammarico, ma anche con la curiosità di scoprire posti nuovi. Partiamo in direzione ovest, verso Konya. Superata la città di Nevsheir la strada corre diritta attraverso un paesaggio desolato. Un forte vento solleva mulinelli di polvere dalla steppa arida, dove solo le capre trovano qualcosa da mangiare. Questa landa desolata ha comunque un suo fascino. Nei secoli passati era percorsa dalle carovane dei mercanti che giungevano dall’Oriente, difatti vi si trovano parecchi caravanserragli. Il meglio conservato è quello di Agzikarahan, a 14 km. da Aksaray. Ci fermiamo per visitarlo. Parcheggiamo la moto e ci avviamo verso l'imponente costruzione. L’ingresso è costituito da un bellissimo portale di pietra, finemente intagliato, che si apre nelle mura di cinta, ancora in perfetto stato. All’interno, pagato il biglietto, seguiamo il custode che ci fa da guida, spiegandoci con dovizia di particolari la storia del posto, le sue funzioni e introducendoci
nei vari ambienti. Vi sono parecchie stanze: al pianterreno quelle per gli uomini, al primo piano le camere per le donne. Si aprono sul cortile le stalle per i cavalli e gli asini, gli ambienti in cui era alloggiata la servitù, altri dove cucinare...
Terminata l’interessante visita proseguiamo il viaggio diretti a Konya, la capitale dei Dervisci rotanti, l'ordine mistico Sufi. E' una città molto grande, caotica, di più di 600.000 abitanti, percorsa da un traffico incessante e disordinato. Vorremmo poter visitare la Moschea principale, ma, spossati dal caos e dal caldo decidiamo di sostare solo per uno spuntino. Fermiamo la moto nella zona dell’ospedale notando i tavolini sul marciapiede di un piccolo locale che serve kebab. Terminato il pasto ci affrettiamo a proseguire il viaggio. Lasciata la città la strada s’inerpica sui monti. Il paesaggio è splendido, foreste, picchi rocciosi, dirupi. Si viaggia sempre in quota, attraversando villaggi che sembrano fuori dal tempo. L’arrivo di un temporale ci costringe a cercare riparo nei pressi di una fonte, provvista di tettoia e circondata da alti alberi. Resteremo lì per circa un’ora, nell’attesa che smetta di grandinare. Nel frattempo si fermano parecchie automobili, tutte piuttosto malconce, i cui occupanti, invariabilmente, scendono per riempire d’acqua della fonte bottiglie e taniche. Quando finalmente l’ira del cielo si placa risaliamo sulla moto e ripartiamo. L’aria profuma di resina e d’erba. Arrivati a Beysehir, posta sulla riva dell’omonimo lago, feudo del partito islamico, prendiamo una stanza al Beyaz Park Motel, molto semplice, essenziale. Ci indicano di parcheggiare la moto in un piccolo spazio, tra la scalinata d’ingresso e un piccolo chiosco. Knut deve compiere parecchie manovre per riuscire ad introdurvisi. Scaricati i bagagli ci rechiamo in paese per visitare il monumento per il quale abbiamo deciso di fermarci qui: la Esrefoglu Camii, l’unica Moschea costruita interamente in legno, che risale al XIV secolo. Si trova nella parte vecchia del paese, dove ancora si trovano le antiche case in legno, ormai un po’cadenti, con la vernice scrostata. Quando arriviamo alla piazzetta antistante la moschea veniamo circondati da un gruppetto di donne, venditrici di foulard e souvenir che, a gesti, mi fanno capire che non posso entrare nel luogo sacro a capo scoperto. Così acquisto un semplice
foulard in cotone con cui copro i capelli. Entrati nella moschea vi troviamo una squadra di giovani restauratori, donne e uomini, al lavoro su di un ponteggio. Camminiamo col naso all’insù ammirando i bei pilastri in legno, scolpiti, nei colori del rosso e del verde, le volte che reggono il soffitto, in mattoni e legno, lo splendido Mirhab, ricoperto di maioliche nelle mille tonalità dell’azzurro. All’uscita c’incamminiamo verso il lago, ora color petrolio per l’arrivo di un
temporale. Ci fermiamo ad osservare, stupiti, un uomo che falcia un campo di... polvere! -Mah! - commentiamo - Che strani questi turchi! - Proseguiamo la passeggiata verso la zona moderna del paese. Non c’è molto da vedere qui, anzi, ci ritroviamo ad essere noi oggetto d’osservazione da parte dei passanti. Ceniamo al ristorante dell’hotel, poi ci ritiriamo in camera dato che ha iniziato a piovere. Durante la notte mi sveglio al passaggio di un forte temporale e per un attimo penso
alla moto, là fuori, sotto quel diluvio d’acqua. La mattina seguente avremo la sorpresa di trovarla coperta da un ombrellone che qualcuno le ha aperto sopra!
30 giugno
Beysehir- Cirali km. 331 ca.
Sveglia alle 7,30. Caricata la moto e fatta colazione, cartina stradale alla mano, chiediamo all’albergatore la strada migliore per attraversare i monti Tauri ed arrivare sulla costa, ad Antalya. Un cliente ci indica una strada gialla, secondaria, mentre il padrone dice che è meglio percorrere quella rossa, più veloce. Alla fine optiamo per la strada indicata dall’albergatore, la n° 695, che scende dai Monti Tauri sbucando a Manavgat, dopo circa 185 chilometri. La strada è molto panoramica, si superano due passi a quota 1450/ 1550 metri, ma è anche assai tortuosa. In parecchi punti compaiono buche e le radici degli alberi hanno infranto l’asfalto, mentre, col passare delle ore e l’aumentare della temperatura, ci ritroviamo a guidare in tratti in cui si liquefa e diventa catrame. I Tauri sembrano non finire mai! Verso mezzogiorno, stanchi, sostiamo nel parcheggio di un bar ristorante e consultiamo la carta. Non manca molto alla costa perciò, dopo un bicchiere di cay ristoratore, decidiamo di proseguire. Arrivati finalmente sulla costa incontriamo traffico e un caldo umido appiccicoso. Oltrepassiamo Antalia, 1.750.000 abitanti, i suoi palazzoni, il suo traffico e procediamo in direzione nord, sulla bella strada costiera che sale tra pinete profumate. Il mare è di un blu incredibile! Vogliamo fare un tuffo e mangiare qualcosa, così, appena notiamo un cartello che segnala Milli
park, svoltiamo. Alla sbarra d’ingresso paghiamo un pedaggio e proseguiamo per un
bel tratto in mezzo ai pini, fino ad arrivare ad una spiaggia di ciottoli. Parcheggiamo la moto vicino a un ristorante. Ci sediamo, ordiniamo il pranzo e, nell’attesa, mi sfiondo in acqua, tuffandomi da una lungo molo di legno. Splash! ...Sorpresa...l’acqua è caldissima! Altro che rinfrescarsi! Comunque sia torno nuotando a riva, dove, a fatica, incespicando sui grossi sassi, riesco a salire fino al ristorante, dove il pranzo mi sta aspettando. Più tardi, rifocillati, ci rimettiamo in marcia alla volta di Cirali, il villaggio dove abbiamo deciso di soggiornare. Lo si raggiunge percorrendo una strada secondaria che si diparte dalla strada costiera principale, attraversando fitti boschi, serpeggiando per alcuni chilometri tra le colline per arrivare infine a questo grazioso villaggio in riva al mare. La nostra meta, la Yildiz pansyon, segnalata dalla guida Lonely Planet, è un luogo incantevole, circondato da alberi d’alto fusto, ci sono anche banani e un frutteto. Ci viene assegnata una camera
con bagno e aria condizionata. Sistemati i bagagli ci cambiamo indossando i costumi. Attraversata la stradina davanti alla pensione ci inoltriamo lungo un sentiero sabbioso e, dopo un centinaio di metri, arriviamo ad una grande spiaggia, deserta, che si estende per alcuni chilometri. Troviamo alcuni lettini di plastica, appartenenti alla pensione, sotto il cappello di grandi ombrelloni di paglia, dove ci accomodiamo Il richiamo dell’azzurro del mare però è irresistibile, così ci concediamo un lungo bagno nelle sue acque, limpide e profonde. Per
fortuna l’acqua qui non è così calda come vicino ad Antalya.
1/ 2 luglio
Cirali e dintorni: Olympos - Phaselis- la Chimera
Trascorriamo un paio di giorni di relax tra spiaggia, bagni in mare ed escursioni per visitare i dintorni di Cirali. La mattina del 1 luglio, subito dopo colazione, prendiamo la moto e ci dirigiamo alla volta del sito di Olympos. Vi si arriva percorrendo una tortuosa stradina che si distacca dalla statale principale e arriva fin quasi al mare. Parcheggiamo in un posteggio praticamente deserto, poi c’inoltriamo lungo la riva di un piccolo corso d’acqua, sulle cui sponde affiorano, tra oleandri e cespugli, i resti di un antico insediamento, prima licio, poi romano. Passiamo sotto l’arco di una porta monumentale,
poi è la volta dei resti di un acquedotto e del teatro. La passeggiata termina ad una splendida spiaggia, che si apre sotto una parete rocciosa, circondata da oleandri. Le acque sono trasparentissime e di un bel verdeazzurro. Ci spogliamo e ci tuffiamo subito...è magnifico ammirare dal mare la bianca spiaggia dalla quale spuntano altri resti, tra i cespugli fioriti! Più tardi, quando il calore del sole si fa sentire, non avendo portato acqua nè cibo, torniamo in sella alla moto e ci dirigiamo alla volta della baia di Adrasan. Si trova al termine di uno sterrato di alcuni chilometri. E’ una spiaggia bellissima, attrezzata con alcune sdraio e ombrelloni. Ci sediamo ai tavolini di una pensioncina ed ordiniamo il pranzo, ottimo e abbondante. Restiamo seduti all’ombra a chiacchierare con alcuni avventori turchi, rientrati per le vacanze dalla Germania. Più tardi torniamo a Cirali e alla " nostra" spiaggia davanti alla pensione.
2 luglio
Oggi è la volta della visita al sito archeologico di Phaselis, situato a pochi chilometri di distanza. E’ un posto molto affascinante, ai piedi del monte Tathali, che si sviluppa tra le pinete e il mare. Partiamo da Cirali la mattina presto e, giunti al sito, non c’è ancora quasi nessuno. Parcheggiamo la moto vicino alle rovine dell’acquedotto romano, poi, seguendo un sentiero, giungiamo ad una piccola baia, circondata dai pini marittimi. Passeggiamo lungo la via monumentale, fiancheggiata da resti di colonne, che ci conduce ad una seconda baia dove si trovava il secondo porto della città. Proseguiamo il giro visitando i resti dell’Agorà e del teatro. In fondo alla strada si trova una porta monumentale, dalla quale si scende al terzo porto. Terminato il giro torniamo alla prima baia e ci sistemiamo sulla spiaggetta, accanto a due pini. Purtroppo il luogo inizia ad affollarsi di bagnanti schiamazzanti, con ombrelloni e seggioline e muniti di tutto l’occorrente per fare un pic nic: - Ma come! - ci diciamo- la guida segnalava che era vietato fare pic-nic e che il luogo era fornito di chioschi...che sono invece in disuso! E non abbiamo portato acqua e viveri proprio per questo! Un po’amareggiati facciamo un bagno per rinfrescarci, poi decidiamo di tornare a Cirali, dove la spiaggia sarà meno bella paesaggisticamente, ma è semideserta! Pranziamo alla nostra pensione, poi ci concediamo una pennichella all’ombra degli alberi, sul tipico palco di legno ricoperto da tappeti su cui i turchi usano mangiare, riposare...
Più tardi, quando il sole si appresta al tramonto, partiamo alla volta del luogo della Chimera. Giunti in fondo al paese parcheggiamo la moto. C’inerpichiamo per un ripido sentiero che attraversa una pineta fino ad arrivare in cima alla collina, siamo fradici di sudore per il caldo afoso. Sulla sommità del colle si aprono numerose cavità da cui fuoriescono fiamme che ardono nel crepuscolo.. Ci sono parecchie persone, alcune munite di bastoncini utilizzati come spiedini per cuocere la carne, altre si aggirano intorno, passando da una cavità all’altra, avvicinando le fiamme degli accendini alle aperture, provocando così l’uscita di alte fiamme dalla terra. Col sopraggiungere dell’oscurità ripercorriamo il sentiero, ora più insidioso, e risaliti in moto, torniamo in paese. Ci avviamo a piedi per le stradine buie fino ad un ristorante. C’è un’afa micidiale, si gronda di sudore.